Francesca Croci
Opera 1^ classificata
Femmina spiaggiata
Incatenata alle assenze,
alle solitudini ingombranti che si sovrappongono,
la scommessa del destino è persa.
Disadorni echi
svuotano le voci altrui:
quale inganno occupa il mio spazio
quando seppur svestita dell’impronta
di corpi fuggevoli e potenti
appaio donna comunque?
Femmina esposta: vecchia ma audace
cedevole ancora, accesa di desideri teneri
che rapidamente sfioriscono in rimpianti.
Le vite degli altri liberando tinte inattese
assillano la mia memoria ardente –
spettri oltre la terra di nessuno –
e il ponte sulla realtà già indugia
sulla vertigine d’indocili passioni.
Inumana sarà la fatica del passato
quando la corrente estenuante del tempo
raccoglierà le mie sparute giovinezze
per trascinarle fino al languore della secca.
Con fiacca dolcezza arrenderò l’audacia
delle tardive primavere non sbocciate,
molteplici ossessive linfe
ne zampilleranno fuori:
mi asciugherò infine,
affrancata dai troppi nodi non sciolti
e dalle opache rinascite e sconfitte
di questo ruvido seme amoroso
insincero e rapace
ormai marcito.
Luisa Foddai
Opera 2^ classificata
Sentimi
E ora sentimi negli anfratti rossi
dei tuoi incolpevoli respiri.
Sentimi nel fremito dei tuoi tempi
mentre lieve corri tra colorati asfalti
divorati da luminose gallerie.
Sentimi allo scoccare della prima
ora della sera, o nell’ora presta delle
albe scolorite ai tuoi occhi ancor
dormienti, svegliati dal gallo che
vegliardo canterà per te un’ultima
volta annunciando ignaro il preludio
dell’antico inganno.
Sentimi… o è forse fredda o troppo
lontana ora la mia pelle?
Sangue ricacciato in vena da un
guizzo grigio impertinente che un
pugno ticchettante ammutolisce,
dissacrandone il delirio.
Ritrovami se vuoi ridente e lieta
all’ombra amica di un muro di
glicini viola, stagliati come grappoli
di lacrime dolci, pronti a stillar il loro
bianco sangue per annacquare senza
pena i calici rossi degli inferni.
E sentimi ora nella mia pelle
nuova, crosta cangiata di Luna
incisa di versi, parole e silenzi.
Rime stagliate in uno strappo di cielo
privo di stelle per spegnere ora
anche quell’ultima luce su quel
sogno bambino scritto un atavico dì
con inchiostro innocente e
bugiardo!
Sergio Baldeschi
Opera 3^ classificata
L’anima del gioco
Giunto da lontane memorie,
ricucio le piume ai sospiri del vento
e in attesa del viaggio che verrà…
cerco nella vita
l’inesplicabile enigma del gioco.
Manichino dal cuore di farfalla,
con telaio di pelle,
sono un numero di fabbrica,
uno dei tanti, inutili, patetici,
costretto ad eseguire
quello che vogliono gli altri,
pur essendone responsabile.
Esposto nelle vetrine,
come giocattolo di un’altra età,
faccio del mio meglio
per restare in questo gioco
che sembra vita, tanto non è vita.
E tutto diventa un esercizio
di accurate fissazioni,
un censimento di cose già viste, già dette,
mutuate su vecchi calendari.
Ma quando il gioco
alza la sua febbre ingannatrice
e il nulla cancella la mente…
è allora che apparecchio l’aria di sensazioni
e mi cibo dell’unico nettare
che alla vita conduce.
Elena, goccia del mio sangue,
morbo che contagia e riaccende,
lascia che questo sprazzo d’uomo
volteggi in quell’infinito
che stravolge e cambia tutto,
senza però cambiare… l’anima del gioco.
Silvia De Angelis
Opera 4^ classificata
In punta d’occhi
Quando il giorno cade nelle dimenticanze
e quell’emozione sottile della penombra
si fa avanti nel disavanzo d’oscurità
sembra agitarsi una penna oltre il silenzio
nell’incaglio d’abissi d’aria
fino al suo celarsi nel totale lutto
e far riemergere
nei passi girovaghi della coscienza
quell’azione sbagliata…
Focalizza lo sguardo
esfoliando corolle notturne di conflitti e sentenze
ove vortici e agonie si compensano
nel plasmare un effetto inaspettato… in punta d’occhi
Floredana De Felicibus
Opera 5^ classificata
Fiocchi d’acacie nel silenzio
Se il vento trascinava fiocchi d’acacie nel silenzio
noi spargevamo corse di grida su corolle vagabonde,
se il cielo spargeva gocciole di pioggia contro il vento
noi eravamo specchi di sole sopra ai sassi,
e ombre di sorsi sullo sciacquio dei passi.
L’onda del frumento sibilava in mezzo al colle
e il cielo capovolto avvolgeva poggi di ginestre
sperdevamo germogli coi semi nelle scarpe
e pollini sulle viole, noi, spensierati calabroni!
Ora han perso le ali i fiocchi tra i capelli
e volteggiano come foglie i sogni vagabondi
è sbiadita la corolla sul palmo della mano
fioccano tra i rami solo echi di memorie:
sordi, delle pietre su sponde di cemento,
tonanti, delle grida che il vento non rammenta,
muti, dei silenzi del letto verde dei trifogli.
Ci resta nelle tasche l’impertinenza dei colori
rubati alle speranze, all’alba a primavera
e alle illusioni, ai tramonti d’erba della sera.
Chris Mao
Opera 6^ classificata
La baracca numero tre
Dal profondo bevo acqua misteriosa,
che non placa la sete;
mi attraversa come questa follia
che non voglio trattenere.
Ad ogni giro di faro il buio
è un intervallo di pena,
un cristallo nero che ci inghiotte,
pronto ad esplodere.
I numeri cuciti sul braccio
sono la sequenza mandata in memoria,
il laccio dei nostri carnefici,
il primo reticolato della mente.
I sensi acuminati della notte
innescano la metamorfosi dei pensieri;
ci portano in gola la minaccia dell’abisso.
Tra gli ultimi vivi di questo campo
penso agli agguati del nuovo giorno,
alla voce di metallo degli altoparlanti,
al fango che copre ogni cosa.
Nella baracca numero tre
conto sui letti i compagni rimasti,
nel cuore quelli perduti;
la matematica di chi sopravvive.
Bruno Bracchi
Opera 7^ classificata
Ad occhi alti
Eri apparsa improvvisa
E ti svelavi
Nel moto armonioso
Della tua forma intensa
Nelle parole concave e calde.
Lenta tu ti muovevi
Spargendo intorno
Un volteggiar di cieli
Incontrati nel cuore
Ad occhi alti.
Gerardo Passannante
Opera 8^ classificata
Approdo
Non è rassegnazione o assopimento
la calma che talvolta mi pervade,
ma quiete di saperci proiettati
in una dimensione favolosa
dove il reale compie l’ideale
e cova l’impossibile il possibile.
Siccome a mescolare gli ingredienti
non è una donna, ma la donna: tu:
la sola al cui cospetto l’audacia
si fa necessità, per contrastare
l’ombra tremenda della negazione
che risolve gli indugi e le contese,
e spazza con un greve colpo d’ali
le maschere impettite e derisorie.
Solo questo mio tragico assoluto
mi fa affrontare con disinvoltura
il rischio del ridicolo, e mi vela
il totale inesatto della vita:
dove dolore e gioia, bene e male,
di concerto persuadono le fibre
al percorso obbligato che non torna.
E se davvero il prezzo è già fissato,
e l’estasi e l’infamia danno succo
al filtro della nostra epifania,
vedi bene che tutto è consentito
adesso che ti so punto d’approdo,
mia musa, mia medusa, mia confusa
seduzione di morte, e paradiso.
Claudia Nicchio
Opera 9^ classificata
I giardini di Monet
M’inchino a cogliere il fiore del mondo.
Cosa darei per vedere il suo volto
fantasia colorata
giardino del pensare e sentire
per conoscersi con il giorno e la notte
e il crepuscolo che li contiene.
Ho navigato oceani di fiordaliso
con braccia forti di mulino,
rubato ali per delirare fra i precipizi
e fermato il ticchettio di una stella
all’inizio dell’alba superando l’oriente
sollevato dighe per ballare
sulle punte degli spruzzi,
spianato dall’opacità le rughe della strada
e allungato il tempo quanto basta
per visitare un quadro all’ombra
dove riposano i giardini di Monet.
Giacomo Bersiga
Opera 10^ classificata
Brulichio di estenuazione
Cresciuta nella luce
di un’analgesica mediocrità,
generi distruzione
mentre
risplendi di duplice amenità.
Su il docile lume
il colore riecheggia esterno
al baratro. E denso
nella sua dissolvenza,
con torbido riflesso, affoga
abissalmente
l’etere coronato di berillica
inedia.
Ma con diafano incedere
il chimerico riecheggia
mostro,
tracotante nell’illusione
della perfezione: così teme
angosciosamente
lo stesso respiro
di un uomo che affoga.
Sto tre piedi sopra l’inondazione
e ritrovo sensibilmente l’ideale
mia aspirazione
nei plumbei vortici
d’un pericolo illustrato.
Io,
l’auto-inflitto, detonatore demiurgico:
l’unico inventato animatore dell’apocalisse.